E SE I CONCERTI SENZA TELEFONO DIVENTASSERO UN FORMAT?

A dicembre 2024 ho partecipato a uno dei concerti più intensi e autentici della mia vita: il “No Phone Party” di Emis Killa al Fabrique di Milano. All’ingresso ci hanno chiesto di riporre i telefoni in custodie sigillate. Una pratica insolita, ma estremamente efficace. In un’epoca in cui ogni istante viene filtrato, registrato e condiviso, quell’esperienza è stata liberatoria. Finalmente presenti per davvero.

Ecco perché, secondo me, i concerti senza telefono non dovrebbero essere un’eccezione estemporanea, ma un format fisso, pensato per una fetta precisa del pubblico. Non per tutti, certo. E nemmeno ovunque. Sarebbe irrealistico, e anche controproducente, tentare di imporlo in contesti da stadio, dove decine di migliaia di persone renderebbero ingestibile un simile approccio. In quei casi, la distanza tra artista e fan è già scritta nella struttura. Ma in venue raccolte, dove lo scambio è diretto e l’atmosfera quasi teatrale, questa scelta ha un impatto fortissimo.

In Italia, Cosmo ha più volte vietato l’uso degli smartphone ai suoi concerti, non solo per proteggere la dimensione artistica del live, ma per restituire centralità all’ascolto collettivo. A livello internazionale, artisti come Bob Dylan, Jack White, Alicia Keys e i Guns N’ Roses hanno aderito al movimento phone-free, servendosi di strumenti come Yondr, custodie che impediscono fisicamente l’utilizzo del cellulare durante l’evento.

Ma chi dovrebbe davvero partecipare a questi eventi? La risposta, secondo me, è semplice: i superfan. Non parlo del pubblico occasionale, che viene “a vedere com’è”, ma di chi vive la musica in modo viscerale. I superfan sono quelli che comprano tutte le versioni di un vinile, che non si accontentano di un solo concerto ma seguono più date, che sono disposti a pagare un biglietto premium per sentirsi più vicini all’artista. Secondo un’ analisi della Luminate, questi fan sono disposti a spendere fino all’80% in più rispetto ad un ascoltatore medio.

È proprio a loro che dovrebbe essere dedicato questo tipo di format. Perché sono i più ricettivi a esperienze immersive, a momenti irripetibili, a quella connessione rara tra artista e pubblico che solo l’assenza di schermi può permettere.

In un mondo in cui tutto è immediatamente condivisibile, l’esclusività è diventata un bene prezioso. Un concerto senza telefoni è, per definizione, un momento che puoi solo vivere, non rivedere. E proprio per questo, rimane impresso in modo più profondo. Gli sguardi si incrociano, le parole arrivano dirette, i gesti hanno un’intensità diversa. È un ritorno alla musica come rito collettivo, non come contenuto da archiviare.

Credo quindi che i concerti phone-free debbano diventare un format fisso. Non un’imposizione generalizzata, ma una scelta consapevole e mirata, pensata per chi vuole andare oltre il solito concerto. Una forma di rispetto per la musica, per l’artista e per chi ascolta.

E voi cosa ne pensate? A quale concerto senza telefono partecipereste?

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