Anastasio si è ritrovato: Intervista sul nuovo disco “Le Macchine Non Possono Pregare”

Introduzione

Dopo una lunga attesa, Anastasio torna con un nuovo, ambizioso progetto: Le Macchine Non Possono Pregare, uscito l’11 aprile 2025. Un disco che è molto più di un album: è un concept articolato in dodici capitoli, ognuno con una forte carica narrativa e simbolica. In questa intervista ci racconta la genesi del progetto, il viaggio che l’ha ispirato e l’evoluzione del suo percorso artistico.

Anastasio - Le macchine non possono pregare

Intervista ad Anastasio

Prima di tutto ti chiedo come stai, sia a livello personale che a livello musicale.
Personalmente sto bene, è uscito l’album e ho scaricato tutte le tensioni pregresse, perché chiaramente ci ho messo quasi 5 anni a scriverlo, 5 anni di attese, di aspettative, in cui ho proiettato tutta la mia voglia di rivalsa anche in questo disco. Credo di aver dimostrato effettivamente chi sono in questo disco, quindi sono molto contento.
Musicalmente, idem. Questo disco è attualmente la cosa più bella che ho fatto, non ho problemi a dirlo.

Ho notato che sei uscito da indipendente, con Woodworm, per uscire magari da alcuni paletti che potevi avere con una major?
Woodworm è un’etichetta affermata ma di sicuro non è una major. Secondo me è un po’ un mito questo delle major che ti spingono a fare cose, o meglio, c’è un’influenza, però poi sono gli artisti che si mettono una pressione addosso. La vera pressione è interna. Il fatto che oggi la musica sia così omologata, non è tanto perché la major ti obbliga a fare il ritornello, ma è l’artista stesso che dice: “Devo fare la hit”, perché fare numeri piace a tutti, mica solo alle major. Quindi le vere pressioni di cui mi sono dovuto liberare sono le mie pressioni interne che mi dicevano: “Devi performare”, “Devi fare numeri”, “Devi venire incontro a qualcosa”. Questa è la cosa più sbagliata: quando uno si mette a fare una canzone facile per venire incontro agli altri. "Facile" è davvero un insulto.

Ricollegandomi a questo, “Madre Elettrica” mi ha colpito molto: l’idea che ormai siamo devoti solo ai numeri, ai social, all’apparenza digitale è tanto cruda quanto reale. Cosa ti ha spinto a scrivere un brano così lucido e critico?
Secondo me il bello di quel brano è che, tutto sommato, non è una critica diretta, ma velata: ce la vedono le persone. Io ho semplicemente fatto una “Tecno-Messa”, creando una specie di rituale in cui viene evocato questo demone elettrico. Poi le considerazioni sono personali, di ognuno. Penso che il bello sia l’originalità del pezzo, che parte con una messa e poi finisce con la tecno. È un capitolo della storia del disco, è il momento in cui nasce il villain, il Cyberciclope, il nostro Dio elettrico.

Il ciclope è una presenza simbolica potente e ambigua. Cosa rappresenta per te? È un nemico o qualcosa di più complesso?
Sai, i ciclopi hanno un particolare comune: sono stupidi. Omero li descrive come questi giganti fortissimi ma che sono stupidi, hanno un animo ingiusto. Polifemo, pur essendo figlio di Nettuno, che è un Dio, non riconosce gli dei, il sacro, l’ospitalità, che era sacra per gli antichi greci. È come l’algoritmo con cui viviamo oggi: non sa riconoscere la vita, l’umano, il sacro. È la perfetta allegoria. Il mostro con un occhio solo, come la telecamera del telefono, è questo il ciclope. La telecamera che non vede la profondità, perché ne servono due di occhi per vedere la profondità. È una metafora molto ramificata.

Anastasio, foto di Andrea Venturini

Hai fatto una pausa di tre anni prima di questo ritorno. In questo periodo ti sei laureato, hai viaggiato e vissuto esperienze importanti. Cosa ti porti dentro da questo viaggio?
Il viaggio in India è stata un’esperienza pazzesca, mi ha fatto vedere un’umanità diversa da quella a cui ero abituato. Ho conosciuto molti indiani, mi sono fatto nuovi amici e mi sono preso il lusso di essere chiunque volessi, perché lì non mi conosceva nessuno. Non sono mai stato solo, ma all’interno di un turbine di eventi. Ho potuto osservare il mondo e me stesso. È davvero difficile riassumere un viaggio di tre mesi e riuscire a trasmettere qualcosa. Sono andato a perdermi, non avevo un piano, non avevo prenotato nulla. Sono andato lì e ho iniziato a improvvisare.

In una strofa dici: “Non più vene ma cavi. Non più umani ma dati.” È una dichiarazione forte, quasi una denuncia. Pensi che siamo davvero destinati a una totale meccanizzazione dell’essere umano?
Noi siamo già dati. Siamo uomini da una prospettiva umana, ma siamo dati dalla prospettiva di una macchina. Non parlo di uomini che diventeranno robot, perché questa è la conseguenza più palese, l’immaginario del cyborg. Non è tanto il corpo meccanico che mi spaventa, quanto l’anima meccanica. […] Cosa significa che le macchine non possono pregare? La macchina può sostituirti in ogni tua funzione, tranne che nel silenzio, tranne che nel sentire.

La rivoluzione e Baudelaire sono state di grande ispirazione per il disco. Cosa ci puoi dire a riguardo?
Questo disco parla di rivolta alla fine. La rivolta contro se stessi, che porta alla solitudine. La rivolta della folla contro il potere, che porta al bagno di sangue. La rivolta contro le macchine, che ti porta ad avere un prezzo da pagare, ovvero la recessione, il tornare indietro. E infine, l’unica rivolta davvero sensata, che è quella interiore.

Come è nato il progetto della graphic novel legata all’album? È un’estensione del disco o un linguaggio parallelo con una sua narrativa?
Visto che il disco è una storia di 12 capitoli, quindi 12 canzoni, una storia che si svolge veramente, ho detto: perché non fare una graphic novel, dato che sono un appassionato di fumetto d’autore? Mi piace il mezzo di immagine più parola. Facciamo una graphic novel, così il risultato è doppio: abbiamo una nuova storia che ci permetta di ampliare il contenuto. Il disco fa da colonna sonora al fumetto, sono intrecciati. È bello, secondo me, avere una doppia esperienza di ascolto dell’album e lettura del fumetto, perché si arricchiscono l’un l’altro, aggiungono dettagli. Ho lavorato con artisti fantastici: Antonio Lauria che ha disegnato, Egidio Matinata che ha sceneggiato, poi ho scritto il soggetto io assieme a Davide Nota.
Questa storia chiedeva di esistere in altre forme, fossi stato miliardario ci avrei fatto il film.
Il fumetto però ti permette, in maniera semplice ed elegante, di dire tutto quello che vuoi. Se in futuro farò un altro concept album come questo, perché non farci un fumetto, dai? Potrebbe diventare una cifra stilistica.

Per concludere vorrei chiederti dei live. Per quest’estate hai già fissato delle date?
Sì. Chiaramente sarò in giro, cominciando dal Meeting del Mare a Marina di Camerota. Poi ci saranno altre date che annuncerò, poi ci saranno i club. Sto cercando di portare qualcosa di importante nei miei live, qualcosa per cui ne valga davvero la pena esserci.

Conclusioni

Le Macchine Non Possono Pregare è un’esperienza da vivere tutta d’un fiato, traccia dopo traccia, lasciandosi trasportare dalla forza del racconto e dalla ricchezza sonora. Un disco che merita un ascolto attento, lontano dalla frenesia dei social e dei numeri.

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